STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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Sull'Accesso Abusivo alla E-mail del Collega d'ufficio

 

 

Con la sentenza n. 13057, depositata il 31.03.2016, la Cassazione si è pronunciata su un caso di accesso abusivo alla casella di posta elettronica del collega (anzi, del subordinato) effettuato (dal responsabile dell’Ufficio) all’interno della Pubblica Amministrazione.

 

Confermando la sentenza della Corte d’Appello di Bologna (che aveva condannato l’autore, ai sensi dell’art. 615 ter, comma secondo, n. 1, codice penale, per accesso abusivo alla posta elettronica, nonché ai sensi dell’art. 616 codice penale, per aver preso visione dei messaggi contenuti nella predetta casella di posta elettronica), che aveva irrogato una pena complessiva di 6 mesi  di reclusione oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, la Suprema Corte compie le seguenti considerazioni:

 

La casella di posta elettronica rappresenta … un “sistema informatico” rilevante ai sensi dell’art. 615 ter cod. pen.>.

…” il sistema informatico” recepito dal legislatore non può essere che il complesso organico di elementi fisici (hardware) ed astratti (software) che compongono un apparato di elaborazione dati.   Anche per la Convenzione di Budapest … sistema informatico è, infatti, qualsiasi apparecchiatura o gruppo di apparecchiature interconnesse o collegate, una o più delle quali, in base ad un programma, compiono l’elaborazione automatica dei dati”>.

 

La “casella di posta” non è altro che uno spazio di memoria di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi, o informazioni di altra natura (immagini, video, ecc.), di un soggetto identificato da un account registrato presso un provider del servizio.  E l’accesso a questo “spazio di memoria” concreta, chiaramente, un accesso al sistema informatico, giacché la casella non è altro che una porzione della complessa apparecchiatura – fisica e astratta – destinata alla memorizzazione delle informazioni.  Allorché questa porzione di memoria sia protetta … - mediante l’apposizione di una password - in modo tale da rivelare la chiara volontà di dell’utente di farne uno spazio a sé riservato, ogni accesso abusivo allo stesso concreta l’elemento materiale del reato di cui all’art. 615 ter cod. pen.>.

 

I sistemi informatici rappresentano … “un’espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato, garantita dall’art. 14 Cost. e penalmente tutelata nei suoi aspetti più essenziali e tradizionali dagli art. 614 e 615>.

 

Inaccettabile, pertanto, è l’equiparazione … della casella di posta elettronica alla “cassetta delle lettere” collocata nei pressi dell’abitazione, perché detta “cassetta” non è affatto destinata a ricevere e custodire informazioni e non rappresenta una “espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato”, ma un contenitore fisico di elementi (cartacei e non) solo indirettamente riferibili alla persona>.

 

Allorché, in un sistema informatico pubblico (che serva, cioè, una Pubblica Amministrazione), siano attivate caselle di posta elettronica – protette da password personalizzate – a nome di uno specifico dipendente, quelle caselle rappresentano il domicilio informatico proprio del dipendente , sicché l’accesso abusivo alle stesse, da parte di chiunque (quindi, anche del superiore gerarchico), integra il reato di cui all’art. 615 ter cod. pen., giacché l’apposizione dello sbarramento  …  dimostra che a quella “casella” è collegato un ius excludendi, di cui anche i superiori devono tenere conto.  Dimostra anche che quella casella rappresenta uno “spazio” a disposizione – in via esclusiva – della persona, sicché la sua invasione costituisce, al contempo, lesione della riservatezza>.

 

(Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 28 ottobre 2015 – 31 marzo 2016, n. 13057)

 

 

(26 aprile 2016)

 

 

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