STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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“Archivio Informatico”: tutela penale

e violazione del segreto professionale

 

 

Con la sentenza n. 17756/15 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di una dipendente di uno studio di commercialista che, licenziata per riduzione di personale, prima della cessazione del rapporto lavorativo, aveva copiato la cartella informatica contenente la pregressa contabilità di una società che era stata cliente dello studio, facendola, poi, pervenire alla medesima società (con la quale, tra l’altro, aveva iniziato - all’insaputa dello studio professionale - un rapporto di collaborazione).

 

Denunciata dalla commercialista per la copiatura dei dati dal proprio archivio informatico, la (ex) dipendente era stata assolta in primo grado (dal Tribunale di Modena) con la motivazione che il contenuto di tali file non riguardava segreti professionali né metodi di progettazione o know how dello studio professionale, ma era attinente alla società (ex) cliente che aveva diritto alla restituzione dei propri archivi e dei dati contabili, anche in veste informatica.

 

La sentenza, però, veniva ribaltata in appello e la (ex) dipendente veniva condannata (dalla Corte d’Appello di Bologna) per il reato previsto dall'art. 622 codice penale ("rilevazione di segreto professionale").

 

La Corte di Cassazione, nel confermare la sentenza di condanna della Corte d’Appello, afferma che oggetto della tutela del segreto non sono i dati in quanto tali, ma il lavoro di valutazione effettuato dallo studio …. svolto con determinate procedure per immettere i dati secondo una modalità personalizzata, secondo le esigenze del singolo cliente, secondo le caratteristiche delle singole e concrete ipotesi contabili”

 

Nel campo informatico, l’archivio non è una somma di dati, ma costituisce il frutto di un lavoro di analisi del dato e del suo inserimento con particolare metodica informatica, che presuppongono scelte, provenienti da un know how, la cui rilevazione è giuridicamente tutelata.”

 

Il giudice di secondo grado - prosegue la Cassazione  - “ha ritenuto … che la tutela del segreto professionale, sotto il profilo oggettivo dell’archivio informatico, ha ad oggetto l’interesse alla riservatezza di notizie attinenti non ai singoli dati o a loro singole specie, ma ai metodi di progettazione, elaborazione, messa a punto dei dati medesimi, metodi che costituiscono il know how, vale a dire quel patrimonio cognitivo, che è frutto di una particolare tecnologia di lavoro, trasfusa in una particola metodica informatica.”

 

Oggetto della tutela penale del reato deve ritenersi quindi il segreto professionale in senso lato, da intendersi quell’insieme di conoscenze riservate e di particolari modus operandi in grado di garantire al titolare conoscenza, riproduzione, diffusione dei dati informatici con la maggiore esattezza, con la più celere prontezza, col più alto profitto".

 

(Corte di Cassazione, V sezione penale, sentenza 28 ottobre 2014 - 28 aprile 2015, n. 17756)

 

 

(12 gennaio 2016)

 

 

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