STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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Marchio “forte": non c’è contraffazione se logo altrui è simile

ma distinguibile

 

 

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3118/15, si è espressa nuovamente sul tema della contraffazione del marchio.

Breve (anche se sommaria) premessa: i “marchi forti” sono quelli che hanno spiccata originalità e notevole capacità distintiva e non hanno attinenza con il prodotto a cui si riferiscono;  i “marchi deboli”, invece, sono quelli che presentano una minore originalità e sono costituiti da una denominazione di uso comune del prodotto, lievemente modificata.

 

Nel caso in oggetto, il giudice di merito aveva qualificato il logo della parte che aveva agito in giudizio (consistente nella lettera “V” inserita in una figura geometrica, per prodotti nel settore dell’abbigliamento ed accessori, firmati da un celebre stilista) - chiedendo la nullità della registrazione del marchio di controparte (consistente in una lettera “V” stilizzata inserita in un ovale costituito da una lettera “G” e utilizzato per contraddistinguere prodotti analoghi) - come marchio forte perché frutto di fantasia e in quanto tale dotato di maggiore incisività della tutela rispecchio ai marchi deboli.

 

Tuttavia, il giudice, in seguito ad una valutazione globale delle caratteristiche grafiche e di forma dei due marchi, in ragione delle differenze che li rendevano distinguibili avendo riguardo all’insieme degli elementi salienti grafici e visivi e alla normale capacità percettiva di un consumatore medio del genere di prodotti di cui si tratta che, quando – come nella specie – di lusso, è una clientela verosimilmente selezionata e avveduta> ne aveva escluso la confondibilità (rigettando, quindi, la richiesta di nullità della registrazione del marchio di controparte).

 

La Suprema Corte, confermando la sentenza del giudice di merito, rammenta cheper i marchi forti la contraffazione imputabile al marchio successivo e similare non viene meno non solo quando le varianti o modificazioni siano lievi, ma neppure quando siano consistenti e rilevanti, sempreché vi sia appropriazione dell’identità sostanziale ovvero del nucleo ideologico espressivo che caratterizza l’attitudine individualizzante di quello anteriore (v. Cass. n. 1906/2010, n. 14787/2007, n. 18920/2004).>

 

Pertanto quando, per effetto delle varianti o modificazioni, il nucleo ideologico espressivo che è proprio del marchio anteriore resti impregiudicato e cioè non confondibile con il secondo, la tutela del primo si arresta, non essendo consentito ad un’impresa titolare di un marchio (anche se forte) di vietare ad un’altra l’uso di un marchio similare ma non confondibile, quando resti immutata la capacità distintiva dei suoi prodotti rispetto a quelli dell’altra impresa.>

 

(Corte di Cassazione, sezione I civile, sentenza 17 dicembre 2014 - 17 febbraio 2015, n. 3118)

 

 

(12 marzo 2016)

 

 

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