STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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Marchio di fatto: successiva registrazione (o uso come nome a dominio) da parte di terzi

 

 

Con l’ordinanza 18.10.2012 il Tribunale di Bologna (in seguito a ricorso ex artt. 129, 131, Codice della Proprietà Industriale, e art. 700 c.p.c.,), rammenta, in tema di marchio di fatto, che, affinchè “possa riconoscersi il diritto all’uso esclusivo di un marchio non registrato, non è sufficiente l’adozione o ideazione di un determinato segno, ma è indispensabile l’uso qualificato di detto segno sul mercato e la conoscenza da parte del pubblico che esso viene usato come marchio;   il diritto non nasce cioè dal mero “uso”, bensì dalla “notorietà”, intesa quale conoscenza da parte del pubblico dei consumatori interessati, e dalla diffusione “in una parte sostanziale del territorio dello Stato” (in tal senso Corte di Giustizia Com. Europee 14/9/1999, n. 375)”.

 

La registrazione ad opera di terzi successivi al preuso di un marchio di fatto con notorietà nazionale, come tale comportante il diritto in capo al preutente dell’uso esclusivo del segno distintivo, è da considerarsi invalida, in quanto carente del requisito della novità;  al riguardo, l’art. 12 comma 1°, lett. B) e c) c.p.i. stabilisce appunto che non possano essere ritenuti nuovi, ai fini di individuare prodotti del medesimo genere, segni che siano identici o simili a segni già noti – tra gli altri – come marchio, ditta, denominazione, se l’uso precedente importi notorietà del segno”.

 

Al contrario, una notorietà meramente locale non elide la novità e attribuisce al preutente unicamente la facoltà di continuare ad usare il segno nel medesimo ambito territoriale anche dopo la registrazione da parte di terzi di una marchio simile od uguale, ma non anche il diritto di vietare al successivo registrante l’utilizzazione del marchio nella zona di diffusione locale; si realizza così …. In ambito locale la coesistenza del marchio preusato e di quello successivamente registrato”.

 

Quanto, poi, alla disciplina dei nomi a dominio, il Tribunale ricorda che l’art. 22 del Codice della Proprietà Industriale stabilisce espressamente che E’ vietato adottare come …. nome a dominio di un sito usato nell’attività economica un segno uguale o simile all’altrui marchio se, a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività di impresa … possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico …”.

 

Anche in tal caso il discrimine, nel caso di marchio di fatto (cioè non registrato), è la acquisita notorietà della stesso;  notorietà tale, quindi, da impedire a terzi soggetti il suo successivo utilizzo come nome a dominio.

 

(Tribunale di Bologna, Sezione specializz. in materia di Proprietà Industriale e Intellettuale, ordinanza 18 ottobre 2012)

 

 

(16 giugno 2016)

 

 

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